Unsteady/Incerta
(Letter to Amrita no. 5)

Thanks to: LA CASA SOPRA I PORTICI – Carlo Verdone 

 
Walking with a rapt gaze

Ciao Amrita,
mi dispiace scriverti con un giorno di ritardo, ma questa settimana è andato tutto storto e ieri non avevo più le forze per fare nulla. Del resto è un ritardo del tutto ipotetico dal momento che non so nemmeno se le mie lettere riusciranno in qualche modo a raggiungerti.
In Italia è stata una settimana scossa dalla storia di un ragazzo tetraplegico e cieco che ha affrontato un ultimo viaggio verso la Svizzera per scegliere di morire. Chi non ha vissuto nei suoi panni non può comprendere le motivazioni di questa scelta ma ciascuno di noi è chiamato a scegliere se rispettarla o meno. Io la rispetto e preferirei vivere in un Paese che facesse altrettanto. Chissà dove vivi tu come la pensano, tutti si meritano un Paese che rispecchi i propri ideali.
Ma certo la realtà non è così, quasi mai.
Ho una storia dolce per te questa sera, il ritratto affettuoso di una casa sopra i portici vicino al Tevere. Il fiume verde placido s’intravede dalle finestre di legno bianche e un po’ consumate, mentre il largo terrazzo s’immerge nel rosa e nell’azzurro dell’inconfondibile cielo romano. Si possono sentire i bambini Carlo, Luca e Silvia esultare dei loro giochi, i rimproveri che arrivano dalla stanza del papà professore e le risate della mamma al telefono con le amiche.
Poi ci sono le fotografie con i vetri rigati di pioggia e le stanze talmente vuote che si può quasi sentire il suono inesorabile della malinconia. Così come l’acqua che si apre sempre una strada, un giorno una malattia inarrestabile arriva a prendersi lentamente l’adorata mamma Rossana. La sua sofferenza pare rispettare una legge fisica dell’equilibrio per cui ad un prezioso dono ricevuto segue una feroce sottrazione. Non c’è nessuna garanzia di giustizia e nessuno può sapere se alla fine i suoi conti saranno a credito o a debito.
Non posso fare a meno di pensare alla casa di Genova dove abitavo con te. Provo un indicibile sgomento nel pensare che tutto sia finito, che oggi non sia come allora, un giorno qualsiasi passato a studiare e correre sotto la pioggia. È inaccettabile che tutto sia cambiato, che adesso non ci sia nient’altro che qualche ricordo slavato.
Posso immaginarti però, ed è tutto ciò che mi rimane. Dunque ti immagino piegata su in piccolo scrittoio, la stanza è buia e piena di libri. Una piccola luce gialla illumina la tua calligrafia incerta, stai scrivendo una lettera a mano, come avremmo fatto entrambe vent’anni fa. Stai forse scrivendo a me? È così che t’immagino ed è bellissimo. La stanza ha un piccolo letto sfatto, vestiti ammucchiati qua e là, c’è odore di chiuso e non ci sono finestre. Eppure si sente qualcosa che somiglia al mare, sembrano onde.

Drifting Away
Alla deriva

La casa di Roma era della famiglia Schiavina-Verdone, il libro che ne onora la memoria “La casa sopra i portici” di Carlo Verdone, che lo definisce come il suo “film più importante e sofferto”.
Sai perché mi piace così tanto questo libro? Perché è perfetto per chi non ha radici come noi. La famiglia Verdone le ha eccome, e questa casa gentile accomodata sopra i portici in stile piemontese ne è stata testimone. Vuol dire che c’è qualcuno che è stato fortunato, che è cresciuto con amore e dignità e sapere che famiglie come questa sono reali è già di grande conforto. O sbaglio? Sai, un giorno Carlo doveva andare in teatro a mettere in scena il suo primo spettacolo ma era terrorizzato, e sua madre gli ha dato un calcio nel sedere e lo ha spedito giù dalle scale, vai e basta. La stessa mamma che da bambino andava con lui al cimitero e gli sussurrava con devozione tutto ciò che sapeva sugli ospiti del Verano. Poi suo padre Mario, molto anziano e malato, che gli raccomanda di lavorare seriamente e di non darsi pena per lui che è “un viaggiatore che aspetta un treno in ritardo” e che lo saluta con un affetto interminabile, “Auguri per tutto figlio mio”.
Un ultimo regalo nelle pagine finali quando suona il telefono e Carlo scopre del ritrovamento di un pacco di lettere che mamma Rossana aveva scritto al futuro marito nel periodo del fidanzamento, un ritratto in quarantadue lettere arrivato intatto dal passato.
Una coincidenza ci ricorda che a volte la vita è così bella da togliere il fiato.
 
A lost connection at Pegli Station

A me che non credo in niente non resta che credere alle coincidenze.
Con incerta fiducia,
la tua Stella.


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